Così la piccola mediana ha esordito sulle prime battute circa la vestizione natalizia della casa:
“Mamma, facciamo il Presepe? Io non l’ho mai visto… un Presepe a casa nostra.”
Eh, sì che l’ho sempre fatto… fino ad un certo punto, poi l’ho lasciato indietro perché bambini piccoli, muschio e statuine insieme, non sono sempre un connubio antistress.
Insomma, abbiamo fatto il Presepe: capanna, lucine, pastori e i Re Magi che vengono da lontano. Il tappeto muschioso sul fondo e il cielo stellato sul muro.
Lo guardavo e riflettevo sul suo significato.
Lì dentro c’è la forza della nascita.
Nasce un figlio: il figlio.
E’ così per ogni nascita: un figlio nasce e la comunità accorre per rendere omaggio e ammirare la nuva vita.
Ogni vita porta in sé l’opportunità di qualcosa di grande.
Ogni nascita è straordinaria.
Ogni nascita è il termine di una lunga e trepidante attesa.
I pastori accorrono, lasciano doni e ammirano, in composto silenzio.
Ecco cosa si è perso nei secoli: il silenzio.
Oggi parlano tutti.
Parlano di come venire al mondo, di dove nascere, di come crescere, di cosa credere, di come vivere.
Si parla e non si ascolta.
So perché quest’anno ho fatto il Presepe.
Non perché altrimenti non sarei abbastanza italiana, né perché ho bisogno di definire la differenza fra me e altri. Non perché è tradizione, né perché mai come oggi è importante mostrare chiaramente gli elementi culturali della nostra italianità.
L’ho fatto perché me lo ha chiesto la mia mediana.
E’ già stabilito che la mattina di Natale sarà lei a deporre il Bambin Gesù nella sua culla. Dovrà fare attenzione, dovrà avere calma e restare concentrata se non vorrà fare crollare tutte le statuine intorno. Poi resterà un po’ in silenzio e ammirerà il suo compito eseguito con cura.
Spero che quel silenzio le resti come patrimonio per ogni nascita di cui sarà spettatrice.